
Cesare Ghiselli
antologica
l’opera dell’artista
dagli anni Sessanta a oggi
inaugurazione
sabato 6 settembre 2025
ore 17:30
Cesare Ghiselli nasce a Ravenna il 26 novembre 1939. Trasferitosi con la famiglia a Bologna, si laurea in Lettere e Filosofia, per poi dedicarsi all’insegnamento della Storia dell’arte in istituti liceali e di Lettere in scuole medie superiori. Del 1960 la sua affermazione nella fucina di giovani artisti bolognesi. Negli stessi anni, la sua arte diviene sempre più informale, per poi abbandonare definitivamente il figurativo. Dal 1964 presenta le sue opere presso Gallerie ed esposizioni d’arte contemporanea, ottenendo riconoscimenti e l’attenzione della critica, con opere pubblicate su riviste ed esposte in personali come in collettive.
C’è una coerenza di fondo nel percorso artistico di Cesare Ghiselli. Le origini delle sue ultime opere possono infatti essere agevolmente rintracciate nei suoi primi lavori agli inizi degli anni Settanta, in cui predominano componenti para-espressionistiche e, poi, nel successivo spostamento verso un universo non oggettivo, dove si avvertono influenze di artisti come Fautrier e Tàpies. Ed è seguendo questa direzione di ricerca che Ghiselli trova i fondamenti per una pratica pittorica che vede l’eclissarsi della rappresentazione, ma non la dissoluzione di una oggettualità differente dove le cose divengono occasione per dire, per interpretare, per simbolizzare, ai fini dell’emergenza di nuclei semantici e simbolici a stratificazione multipla. […] Il rapporto di Ghiselli con gli infiniti frammenti materiali presenti nella nostra quotidianità costituisce un mezzo per raggiungere l’interiorità, «la concentrazione non distratta» – per usare il linguaggio di Benjamin – su ciò che ci circonda, per indagare la simbolicità e la significanza di tutto, in una spazialità comune, ovvia, di ogni giorno; indagine che non ha bisogno di viaggi lontani o di estrapolazioni concettuali per comunicare con una dimensione interiore costellata di profondità e di valori reconditi, enigmatici, fondamento qui e altrove di tutto ciò che si vuole «poesia».
Alfredo de Paz
Superfici campite con stesure di colore dense e opache, in mezzo tono, di effetto fortemente atmosferico; su esse si allineano, strutturandosi secondo ritmi segreti, calibratissimi, frammenti di materiali «poveri» (schegge di legno, soprattutto) che fanno scattare sottili meccanismi di associazioni visive e psicologiche. Gli elementi materici sono situati nello spazio in un senso che può evocare una partitura musicale. La loro disposizione seriale, estremamente raffinata, fluisce ritmicamente, punteggiata dal movimento incessante del divenire di nuovi impasti «sinfonici». La simultaneità di eventi pittorici, linguistici e «sonori», che si distinguono in superficie, è provocata da una sorta di flusso sotterraneo della materia del divenire, che congiunge, disgiunge e mescola molteplici effetti sensoriali, non esclusa l’implicazione tattile, impedendone la pietrificazione, la staticità, l’ipostasi, la chiusura. […] È un lavoro di grande nitore intellettuale che poco concede ai facili rapimenti edonistici oggi in voga, per concentrarsi invece nella trascrizione di un serrato rapporto tra materia e colore, tra realtà fisica e realtà della visione; quasi a ricomporre gaddianamente l’«ordine del mondo» attraverso i suoi frammenti lacerati.
Flaminio Gualdoni
aperture da mercoledì a domenica
9:30 / 12:00 – 16:00 / 19:00
entrata libera

